Giovani italiani: troppo lontani dai coetanei europei, povertà educativa

Il nuovo Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo offre un identikit degli under 35 italiani tra luci ed ombre.

Giovani italiani: troppo lontani dai coetanei europei, povertà educativa
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E’ in uscita nelle librerie italiane il volume «LA CONDIZIONE GIOVANILE IN ITALIA. Rapporto Giovani 2019» (RG2019) curato dall’Istituto Toniolo con il sostegno della Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo e pubblicato per le edizioni “Il Mulino”.

Giovani italiani

Un vero proprio percorso nell’universo giovanile a partire dalla dimensione educativa, dal lavoro e l’autonomia dalla famiglia, il civismo e la cultura della legalità, il consumo di alcolici e i comportamenti a rischio, il valore dell’amicizia e un focus speciale sui giovani al Sud. “La chiave di lettura di questa edizione del Rapporto Giovani –spiega Alessandro Rosina, coordinatore scientifico del Rapporto Giovani – è quella del presente, che può essere considerato come tempo di attesa inoperosa che qualcosa accada nella propria vita, come tempo di piacere, svago e interazione con gli altri, come tempo di scelte che impegnano positivamente verso il futuro personale e collettivo. Sono soprattutto tali scelte a risultare deboli oggi nei percorsi di vita di troppi giovani italiani“.

Povertà educativa

Il nuovo RG 2019 evidenzia come l’impatto della povertà educativa sulle traiettorie di vita dei giovani risulti un fattore determinante nel successo della transizione scuola-lavoro e all’interno del più generale processo di entrata nella vita adulta, deteriorando condizioni di benessere generale e partecipazione sociale. Purtroppo l’Italia sta entrando nella terza decade di questo secolo rimanendo una delle economie avanzate con maggiori difficoltà ad incoraggiare un ruolo attivo e positivo delle nuove generazioni. Più comune risulta – rispetto ai coetanei europei con pari titolo di studio – la condizione di sottoccupazione, sotto inquadramento e bassa remunerazione. Più alto è inoltre il rischio di trovarsi intrappolati nella condizione di Neet.

Fragilità record

Se si prende la generazione di chi aveva 20-24 anni a inizio crisi e la si segue nei dieci anni successivi (passando per la fase più acuta e fino all’uscita formale dalla recessione), si nota come l’incidenza di Neet sia continuamente cresciuta, salendo dal 21,3% al 29,1%. Ovvero, tale generazione è invecchiata peggiorando progressivamente la propria condizione e arrivando a superare i 30 anni di età con un carico di fragilità record in Europa. Se nel 2007, all’età di 20-24 anni, il divario con la media europea era di circa 6 punti percentuali, risultava salito nel 2017, all’età di 30-34 anni, oltre i 10 punti percentuali. 

Al ribasso

Di fatto troppi giovani italiani invecchiano senza vedere sostanziali progressi nella costruzione del proprio progetti di vita. Con la conseguenza di rivedere progressivamente al ribasso i propri obiettivi ma di rassegnarsi anche a non raggiungerli. Tanto che la percentuale di chi pensa che si troverà senza lavoro nel mezzo della vita adulta (a 45 anni) sale dal 12,6% di chi ha 21-23 anni al 34,9% di chi ha 30-34 anni. Si tratta del valore più altro in termini comparativi con gli altri grandi paesi europei. Il record italiano in Europa di under 35 inattivi da un lato riduce le possibilità di crescita economica del paese, ma va anche a inasprire una combinazione negativa tra diseguaglianze generazionali, sociali, geografiche e di genere. Se è vero che tasso di dispersione scolastica e tasso di Neet sono in riduzione negli ultimissimi anni, ma continuano ad essere tra i più elevati in Europa e si è accentuata la fragilità per chi si trova in tale condizione.

Il rischio più elevato, a parità di altre caratteristiche, lo presentano i giovani «in possesso di basse credenziali formative», che vivono in contesti familiari con basse risorse socioculturali e in aree con basso sviluppo e povere di opportunità. L’Italia risulta essere uno dei paesi che meno riducono lo svantaggio di partenza e più lasciano amplificare le conseguenze negative, attraverso il maggior rischio di povertà educativa e il deterioramento di competenze e motivazioni prodotto dalla persistenza nella condizione di Neet. Il RG 2019 mostra, inoltre, come la famiglia giochi «un ruolo fondamentale nel socializzare i giovani al rispetto delle leggi e allo sviluppo di una cittadinanza attiva», mentre emerge una debolezza strutturale degli «agenti mediatori che non sembrano contribuire in modo significativo ai processi di formazione della coscienza civica», con il rischio di favorire la riproduzione delle disuguaglianze sociali e di cittadinanza. I dati analizzati dal Rapporto mostrano come nei giovani sia forte il desiderio di migliorare non solo le proprie condizioni oggettive e individuali, ma di sentirsi parte attiva di una comunità che rafforza senso di appartenenza, benessere sociale e relazionale.

In cerca di cultura della legalità

Circa 9 giovani su 10auspicano un rafforzamento della cultura della legalità, che passi non solo attraverso l’aumento della vigilanza e la certezza della pena, ma anche l’investimento nell’educazione Il mondo dei giovani è pieno di ambizioni e desideri, ma anche di grandi incertezze e fragilità. La nuova indagine dell’istituto Toniolo offre anche una lettura diversa del rapporto tra le nuove generazioni e uso di bevande alcoliche. Non trova conferma l’immagine a tinte fosche dipinta spesso dai media: la maggioranza circa l‘80% degli intervistati adotta comportamenti di consumo moderato. Va però anche sottolineato che «sebbene tutto ciò rappresenti un elemento positivo della cultura del bere nei giovani italiani», si riscontra anche qualche elemento di attenzione (e preoccupazione), in particolare per una convergenza femminile verso condotte maschili nell’uso di alcol e un’associazione tra comportamenti negativi per la salute «di diversa natura, quale consumo di alcolici in elevate quantità, tabagismo, consumo di sostanze psicoattive e rapporti sessuali a rischio”.

Un plus delle donne

Nel RG 2019 emerge con forza anche l’importanza delle relazioni amicali che co-partecipano «ai processi di socializzazione» e contribuiscono a «determinare l’identità». Ben il 77% dei giovani coinvolti dalla ricerca dice di avere un gruppo di amici. Oltre a ciò, «la socialità, la convivialità e l’abilità di saper stare in gruppo sono competenze oggi molto apprezzate come caratteristiche della personalità individuale e anche come skills spendibili nel mercato del lavoro». È, infine, proposta dal RG 2019 una tipologia dei giovani italiani in relazione alle loro abitudini. Di particolare interesse le distinzioni rilevanti che emergono per genere e titolo di studio, con configurazioni delle reti amicali più equilibrate per le donne e più articolate per chi ha maggiori risorse culturali (a conferma della relazione positiva tra capitale umano e capitale sociale).

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