Poliziotto ucciso a Verona, la figlia in Polizia

Nicol Turazza è la figlia di Davide e la nipote di Massimiliano, fratelli uccisi durante due scontri a fuoco.

Poliziotto ucciso a Verona, la figlia in Polizia
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Poliziotto ucciso a Verona, la figlia in Polizia. Nicol Turazza è la figlia di Davide e la nipote di Massimiliano, fratelli uccisi durante due scontri a fuoco.

Poliziotto ucciso a Verona, la figlia in Polizia

Suo papà e suo zio, Davide e Massimiliano Turazza, entrambi poliziotti, uccisi giovanissimi. E lei, Nicol, oggi è un allievo agente di Polizia alla scuola di Peschiera. Sembra la trama di un bellissimo film, invece è tutto vero.

La sua “prima” intervista

Proprio Nicol, nel giugno del 2016, ci aveva rilasciato un’intervista; era la prima volta che parlava pubblicamente della perdita del papà: «Il bacio della buonanotte prima di uscire di casa. È stata l’ultima volta che è uscito e l’ultimo bacio che ho ricevuto da lui» ci raccontava. Turazza uscirà di casa, andrà in questura, salirà sulla volante e con il collega Giuseppe Cimarrusti verranno uccisi sulla Statale 11 la notte del 21 febbraio 2005 nella «Strage di Croce Bianca».

Poliziotto ucciso a Verona La strage

Alle 02.35 di quella notte la Volante con a bordo i due colleghi si trovava sulla Statale 11 quando, attirati dagli strani movimenti a bordo di una Fiat Panda parcheggiata ai margini della strada, si erano avvicinati per un controllo. Ma improvvisamente era sceso un uomo che aveva iniziato a sparare: nella sparatoria erano morti tutti. Pochi istanti prima l’assassino, un investigatore privato di Bergamo, aveva ucciso una prostituta ucraina e, con la medesima pistola, ne aveva freddata un’altra qualche mese prima.

La notte più brutta

«Quella notte verso le tre e mezza bussarono alla porta, erano due poliziotti. Io mi svegliai e andai a spiare. Subito dopo mia mamma chiamò il suo capo: “Non posso venire a lavoro, è successo qualcosa a Davide”». La storia della sua famiglia è segnata da una tragica fatalità: suo zio Massimiliano, fratello del papà, era anch’egli un agente di polizia ed era stato ucciso in un conflitto a fuoco a 29 anni, il 19 ottobre del 1994: aveva sorpreso una banda di rapinatori che si preparavano ad assaltare una banca e senza pensarci due volte, fuori servizio, era intervenuto. Per quella ragione un anno dopo papà Davide aveva indossato la divisa.

La notizia ad una bambina

Nicol ci aveva raccontato il momento in cui le avevano spiegato che suo padre era stato ucciso e i giorni immediatamente successivi: «Qualche giorno dopo si erano riuniti tutti i miei parenti stretti e due psicologi della polizia. E pian piano mi avevano spiegato che papà era volato in cielo e non era in ospedale con la gamba ingessata, come lo immaginavo io. Del funerale ricordo la piazza davanti alla Basilica di San Zeno stracolma, i feretri avvolti nel Tricolore, la mia classe delle elementari, e io che non riuscivo a piangere. La nonna si è ritrovata con il secondo figlio ucciso in poco più di dieci anni. Mamma era su un altro pianeta, solo dopo diversi anni ha trovato un’altra persona, Gianni, che è riuscito a farla ridere: non ha mai provato a sostituirsi a papà, è un uomo davvero in gamba».

Poliziotto ucciso a Verona Quell’auto della Polizia

Quando avevamo realizzato l’intervista, in un bar del centro di Verona, davanti a noi era passata un’auto della Polizia. Nicol l’aveva guardata e aveva sorriso: «Mi riporta tutto alla memoria ma mi mette serenità». Lei studia Giurisprudenza a Verona, e dopo quel sorriso la domanda era venuta da sé: «Mai dire mai, perché no. Potrei fare il concorso da commissario una volta laureata. Ma non vorrei andare sulle volanti, non me la sentirei, non voglio giocare con il destino». Nicol ha vissuto una crisi l’estate del 2015, il primo vero momento buio da quando papà è morto: «È stato per caso. Non ho passato Diritto privato e mi è crollato il mondo addosso. Mi si è riaperta quella ferita, ho cominciato a farmi mille domande, ho chiesto ad un amico di famiglia, poliziotto, di raccontarmi tutto su come era morto papà, i suoi ultimi momenti. Sono stati giorni complessi».

Il tormento dei “se”

Nicol ogni tanto cede alla tentazione dei «se»: «Ti chiedi tante cose, se non si fossero fermati, se avessero proseguito sulla Statale… e poi vorresti sapere di più di chi lo ha ucciso, del perché stesse facendo del male a quella donna, chi diavolo lo abbia portato a Verona. L’unica cosa che mi dà pace è che questa persona sia morta. Lo so, sono dura, ma sono felice che non ci sia più».

Il futuro

Il corso che sta frequentando Nicol, della durata di nove mesi, si concluderà con il giuramento di fedeltà alla Repubblica Italiana. Poi per le inizierà a tutti gli effetti una nuova vita con la divisa addosso. Con la stessa divisa che era stata di papà Davide e dello zio Massimiliano.

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