Processo Shalom, la Camera Penale di Brescia contesta le "porte chiuse"

La libertà di stampa non deve essere sottoposta a "indebite compressioni".

Processo Shalom, la Camera Penale di Brescia contesta le "porte chiuse"
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Non è stato in realtà un processo a porta chiuse, quello dello scorso mercoledì nel quale si è ascoltata la testimonianza di suor Rosalina Ravasio, responsabile della Comunità Shalom di Palazzolo.

I fatti

Il presidente del collegio Roberto Spanò avrebbe infatti chiesto alla stampa presente in sala di alzarsi e lasciare l'aula.

Quarantuno persone e la stessa suora sono imputate a vario titolo per maltrattamenti e sequestro di persona, e nell'udienza di mercoledì la religiosa avrebbe dovuto fornire anche la propria testimonianza.

La richiesta alla stampa di uscire sarebbe però stata presentata indebitamente. "Informalmente" recita in un comunicato stampa la Camera Penale di Brescia, che ha preso posizione sulla vicenda.

La Camera penale prende posizione

"Il diritto di manifestazione del pensiero, di cronaca e l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge sono garanzie fondamentali proprie di ogni Paese civile" ribadisce la Camera Penale di Brescia.

Infatti secondo l'articolo 471 del codice di Procedura Penale, l'udienza è pubblica  a pena di nullità. Solo quelli che ne turbano il regolare svolgimento possono essere allontanati dall'aula.

Processo mediatico

Con ciò, non stanno giustificando il processo mediatico, "lesivo della dignità delle persone deliberatamente esposte alla pubblica gogna". Reputano tuttavia necessario difendere libertà di pensiero e libertà di cronaca, che possono venir sottoposti a "indebite compressioni".

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