Presentato il volume "Il codice perduto"

Presentato nella sala consiliare l'ultimo volume della collana Storia in Comune che ha come protagonista un frammento che è stato ritrovato nell'archivio comunale

Presentato il volume "Il codice perduto"
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Presentato il volume "Il codice perduto"

Un nuovo testo sulla storia di Leno si aggiunge nello scenario degli studi che riguardano il passato della comunità e la vita legata all’abbazia benedettina. E’ stato infatti presentato mercoledì pomeriggio nella sala consiliare il volume «Il codice perduto», scritto da Ennio Ferraglio, direttore della Biblioteca Queriniana di Brescia.
« “Il codice perduto” fa parte di un progetto che è quello di “Storie in comune” che è volto alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale e archivistico del Comune di Leno - ha detto il sindaco Cristina Tedaldi che ha aperto l’incontro - Esattamente un anno fa è stato siglato un accordo bellissimo e importantissimo tra Comune di Leno, Cassa Padana e Fondazione Dominato Leonense grazie al quale potrà essere messo a disposizione di tutti gli appassionati e curiosi l’intera banca dati dell’archivio del Comune, corredata da tutte le riproduzioni digitali di ogni singolo documento. Ed è proprio dalla parte più antica dell’archivio di Leno che è stato ritrovato questo frammento di un codice liturgico, che è stato utilizzato probabilmente negli anni come cartelletta, risalente al dodicesimo secolo».

Un lavoro di squadra

Dopo ha preso la parola il dottor Vittorio Biemmi, presidente di Cassa padana, il segretario della Fondazione Franco Aliprandi e poi lo storico Giampietro Belotti  e l’autore del testo Ennio Ferraglio. «Possiamo quindi essere quasi certi che questo testo era a Leno e molto probabilmente è nato qui. E’ un sacramentario, una sorta di messale con le vite dei santi. Un codice di natura ecclesiastica usato dai sacerdoti o in ambiente monastico, e qui sappiamo che c’era un’abbazia importante. Il dottor Ferraglio ha messo in luce che siamo davanti ad un documento molto ben fatto, di ottima fattura, con una scrittura pulita e i capilettera ben fatti e una splendida miniatura. Siamo quindi in presenza di un lavoro importante che ha anche un grande valore economico e che si può collocare intorno al dodicesimo secolo. Aspetti che lo fanno attribuire all’ambiente monastico perché in quegli anni la parrocchia di Leno non avrebbe potuto permettersi un codice così prezioso».

La sua storia

Ma come è arrivato allora in Comune? «I rapporti tra abbazia e amministrazione nel corso dei secoli sono stati tutt’altro che sereni - ha spiegato Ferragglio - L’abbazia nell’ottavo secolo era tutto, potenza economica, prestigio, cultura, organizzazione sociale, politica e religiosa, dall’altra parte invece c’era una massa di contadini. Il passaggio quindi non può essere stato diretto. Quindi si può ipotizzar che questo frammento nato nello scriptorium dell’abbazia, che non si è mai mosso da Leno. Mano a mano che essa perde di prestigio, sia stato dato alla chiesa e dismesso nel Cinquecento e sia poi finito nell’archivio».

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